Con un recente intervento, cosiddetta consulenza a seguito di interpello, l’Agenzia, modificando in parte una prassi in vigore da molti anni ed in molte società, ha chiarito il trattamento fiscale in ambito IVA del regime di detraibilità dell’imposta assolta su acquisto di beni e di servizi legati alle auto. In sostanza, l’Agenzia ha stabilito che, in caso di auto intestate ad imprese ma concesse in uso promiscuo ai propri dipendenti (ipotesi che ricorre laddove il dipendente che usa l’auto di proprietà del proprio datore di lavoro per ragioni di lavoro, è comunque autorizzato ad utilizzarla per motivi personali, al di fuori dell’orario di lavoro, nel week end e durante le ferie; da qui, uso promiscuo, aziendale e personale), per potere usufruire della detrazione integrale, a monte, dell’IVA sull’acquisto e su tutte le spese dell’auto (ordinariamente, ex art. 19 bis 1, lett. c), DPR 633/72, al 40%) occorre che, a valle, il datore addebiti con fattura ivata al dipendente il costo del suo uso personale, convenzionalmente calcolato in Km. 4.500 annui moltiplicati per la tariffa ACI corrispondente all’auto concessa. Questa procedura, già consigliata e seguita da molti uffici amministrativi, era, a nostro parere, alternativa a quella che prevedeva l’addebito in busta paga al dipendente del costo del benefit (sempre calcolato come sopra e disciplinato ai fini delle II.DD.) oltre all’emissione di un’autofattura mensile o annuale ivata di pari importo, al solo fine di liquidare l’IVA detratta, mantenendo sempre neutra l’imposta. In definitiva, con l’addebito in busta paga al dipendente si tassava, ai fini delle II.DD., il compenso in natura allo stesso (il benefit) e con l’autofattura si liquidava l’IVA, permettendo la detrazione a monte e mantenendo neutra l’imposta stessa. Seguendo questa procedura, il proprietario dell’auto ripagava la quota parte dell’IVA detratta, esattamente come nel caso di addebito in fattura. Di fatto, entrambe le procedure adottate mirano a sterilizzare, a valle, con fattura o autofattura, l’IVA detratta a monte e, conti alla mano, entrambe hanno lo stesso impatto sia sul contribuente/datore di lavoro che sull’Erario che non ha alcun danno o salto di imposta. Tutto ciò, a parere di chi scrive.
Eppure con la risposta n. 631/2020 del 29 dicembre, l’ADE, arroccandosi su un’interpretazione cavillosa della norma IVA, art. 3, commi 3 e 6 DPR 633/72, smentisce la lettura come sopra descritta e precisa che “per procedere alla detrazione integrale dell’imposta (e non del 40% ordinariamente concesso) afferente ai veicoli concessi in uso promiscuo, l’autofatturazione non è possibile in quanto contraria alle disposizioni di legge”, mentre la fatturazione al dipendente, costituendo prestazione di servizi a titolo oneroso legittima, a tutti gli effetti, la detrazione dell’IVA, come chiarito dalla RM. 6 del 20/2/2008[1]
Entrambe le interpretazioni ministeriali, in realtà, si discostano dallo spirito comunitario dell’imposta e, ancor di più, dal suo principio di neutralità. Quella che qui si vuole commentare è la prima: formalmente corretta, pare tuttavia miope dal momento che interpreta il testo di legge come scritto a sola tutela dell’Erario e non come disciplina generale del rapporto tributario. Anche la giurisprudenza comunitaria, più volte intervenuta sul punto, ha chiarito che “secondo la logica del sistema della direttiva, le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette ad imposta possono essere dedotte. La deduzione delle imposte a monte è legata alla riscossione delle imposte a valle.” (CGUE 14/9/2006 C – 72/05).
A parere di chi scrive, il fatto che la norma italiana – non si dimentichi, di recepimento della direttiva comunitaria – escluda, al comma 6 dell’art. 3, tra le operazioni imponibili, le prestazioni di servizi gratuite in autoconsumo legate all’auto non dovrebbe essere letto come vincolo (esclusione alla detrazione) per i contribuenti ma come limite per uno stato membro ad un regime più gravoso per gli stessi, tanto più – circostanza espressamente citata nella sentenza e, nel caso, dirimente – se lo stesso contribuente intende, a valle, liquidare l’imposta a suo debito, mantenendo l’IVA neutra. A maggior chiarimento di ciò, si intende dire che se il testo di legge italiano non avesse contenuto quella esclusione, tutti i casi di autoconsumo di beni e servizi auto in uso promiscuo (con IVA detratta al 40%) avrebbero dovuto essere tassati ai fini IVA. Nella versione correttamente interpretata, invece, la messa a disposizione di un’auto a titolo gratuito o dietro corrispettivo nei confronti del dipendente legittima la detrazione a monte di tutta l’IVA se la stessa imposta viene ri-addebitata a valle con fattura al dipendente o con auto-fattura per il datore di lavoro.
[1] “(..) è possibile fruire della detrazione integrale dell’imposta anche in ipotesi di veicoli assegnati in uso promiscuo al personale dipendente in presenza di addebito a carico del lavoratore del corrispettivo relativo all’uso privato del veicolo. In tal caso, infatti, l’utilizzo del veicolo può considerarsi integralmente inerente all’attività di impresa, stante la configurabilità di una prestazione di servizi resa dal datore di lavoro in favore del proprio dipendente dietro corrispettivo.”