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Sanzioni per ritardata trasmissione di fatture elettroniche – chiarimenti ADE

5 Febbraio 2021by GDC Associati0

L’AE ha fornito chiarimenti in materia di accertamento e contenzioso, confermando la linea dura già risultante da alcuni documenti di prassi sia in caso di ritardato invio allo SdI delle fatture elettroniche sia in materia di indebita compensazione di crediti di imposta inesistenti.

Sanzione per emissione tardiva della fattura elettronica

All’AE è stata chiesta la sanzione applicabile in caso di trasmissione telematica allo SdI di alcune fatture generate in uno o più mesi precedenti, regolarmente registrate in contabilità e confluite nella relativa liquidazione IVA versata correttamente.

Secondo l’AE la mancata emissione della fattura nei termini previsti (dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione) comporta l’applicazione delle sanzioni:

– fra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato, con un minimo di € 500;

– da € 250 a € 2.000 quando la violazione non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo.

In queste ipotesi trovano applicazione gli istituti del concorso di violazioni e continuazione (cumulo) e del ravvedimento operoso.

Al riguardo viene ricordato che i citati istituti non risultano contemporaneamente applicabili in quanto, ai fini del ravvedimento, le singole violazioni non possono essere cumulate giuridicamente secondo le regole sul concorso di violazioni e sulla continuazione trattandosi di istituto di pertinenza degli uffici o enti impositori, in sede di irrogazione di sanzioni.

Ne consegue, sotto un profilo squisitamente operativo, che, in presenza di queste violazioni, occorrerà ben valutare se procedere con il ravvedimento operoso in quanto, non potendo calcolare la sanzione base con l’applicazione del cumulo giuridico, si rischia di pagare un importo maggiore rispetto al successivo atto di irrogazione sanzioni che comporta invece l’applicazione del cumulo e la possibilità di definire la contestazione con il pagamento di un terzo delle sanzioni irrogate.

Conciliazione giudiziale e crediti inesistenti

Secondo l’AE non è possibile definire mediante conciliazione giudiziale e quindi con la riduzione delle sanzioni al 40% o al 50% a seconda se l’accordo avvenga in primo o in secondo grado, eventuali contenziosi in materia di indebita compensazione di crediti di imposta inesistenti.

Il motivo di tale posizione risiederebbe nella previsione contenuta nell’art. 13 D.Lgs. 471/97 secondo la quale (c. 5) nelle ipotesi di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, in nessun caso si applica la definizione agevolata mediante il pagamento di un terzo dell’importo della sanzione nel caso in cui venga prestata acquiescenza.

Per una questione di coerenza del sistema, l’AE ritiene che da tale preclusione di definizione delle sanzioni per crediti inesistenti mediante pagamento in misura ridotta, consegua anche l’impossibilità di conciliare la eventuale successiva controversia pendente presso la commissione tributaria.

In caso contrario, la riduzione delle sanzioni che conseguirebbe dalla conciliazione si porrebbe in contrasto con la corrispondente preclusione prevista con riferimento alla fase amministrativa.

Viene invece confermato che sempre per la violazione di indebita compensazione di crediti inesistenti, il contribuente possa beneficiare del ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/97), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero.

Da ultimo l’AE esorta gli uffici nei casi in cui vi sia una manifesta sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione da applicare riducendola alla metà del minimo edittale, ai sensi del c. 4 all’art. 7 D.Lgs. 472/97.

Dichiarazione integrativa dell’ente non commerciale

L’ente non commerciale che ha erroneamente presentato il modello Redditi per le società di capitali e non quello previsto per gli enti non commerciali, regolarizza la propria posizione presentando il modello di dichiarazione corretto. Di conseguenza, avendo corrisposto le imposte ordinarie in misura maggiore rispetto a quelle dovute, avendo determinato la base imponibile anche sui ricavi istituzionali, può recuperarle. Più in particolare, all’amministrazione è stato chiesto in che modo un ente non commerciale – avendo presentato erroneamente il modello Redditi SC pagando le imposte ordinarie anche sui ricavi istituzionali – potesse regolarizzare la propria posizione.

Secondo l’AE la dichiarazione redatta su un modello conforme a quello approvato con provvedimento amministrativo, ma diverso da quello prescritto per la propria categoria soggettiva di appartenenza non può considerarsi nulla (e quindi omessa) ma irregolare (perché non redatta in conformità al modello approvato) con irrogazione della sanzione da € 250 a € 2.000.

Di conseguenza la regolarizzazione può avvenire mediante:

a) la presentazione del modello conforme alla categoria soggettiva di appartenenza del contribuente (Redditi ENC);

b) l’evidenza dei maggiori versamenti effettuati e del maggior credito maturato da chiedere a rimborso o in compensazione, verticale od orizzontale.

 

Fonte: MementoPiù

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